Respect yourself, respect the funk, respect the ladies! (Cit.)

Tre cose fondamentali: rispetta te stesso, rispetta il funk e rispetta le signore. Questo è il ritornello di un pezzo vecchissimo (1995) di Alleance Ethnik.

Loro erano già avantissimo con i diritti civili e soprattutto con il rispetto dell’individuo.

Almeno due su tre sono obbligatori per vivere in pace, ma già portarne avanti uno sarebbe un buon inizio.

Rispetta te stesso: non è così scontato. Alcune volte ci facciamo prendere a calci per la quieta esistenza, per non creare tensione, per debolezza o stanchezza dovuta al mal di vivere. Questa pratica è un serpente che si mangia la coda e ci buca il fegato, ci fa perdere inesorabilmente verso l’oblio.

Una mattina qualsiasi, ti guardi allo specchio e non ti riconosci più. Finalmente ti rendi conto del tuo malessere autoinflitto.

Due scelte: rompi lo specchio con un pugno e alzi la testa reagendo nel peggiore dei modi, ma a questo punto va bene tutto, basta uscirne, o chiudi gli occhi e ti arrendi aspettando che il vortice ti risucchi sempre più.

Rispetta il funk: a chi non piace il funk? È impossibile non battere il piedino, muovere la testa, sentendo Sly and the family stone o Kool and the gang. È uno stile di vita, roba dell’anima, ma degustibus.

Diciamo che questo è il meno indispensabile dei tre sopracitati. Possiamo soprassedere.

Rispetta le signore: qui, con i luoghi comuni ci possiamo fare colazione, pranzo e cena, ma la realtà dei fatti è ben diversa, molto più orrenda di quanto si possa immaginare.

Premetto che non sono una fan delle commemorazioni o delle feste comandate in generale, ma da un po’ di anni il 25 novembre è la giornata contro la violenza sulle donne. E fin qui…

Tutti in botta piena di altruismo si ricordano dei femminicidi, degli stupri, delle spose bambine, delle infibulazioni (anche lì una giornata dedicata) e manifestazioni potenti, grande pathos emozionale, tanta angoscia, scarpe rosse che hanno un significato ben preciso e arriva da lontano.

Il problema non finirà. Le donne sono sempre state oggetto delle peggiori sorti, basti pensare alla Santa Inquisizione che con la storia delle streghe ha spazzato via guaritrici, levatrici, dottoresse cancellando un secolo di medicina.

Mi guardo intorno e vedo rassegnazione e rabbia negli occhi delle donne. Quindi che si fa?

Rispettare noi stesse è la prima cosa è con ogni mezzo possibile, pretendere ciò che ci spetta frutto del nostro lavoro, ma bisognerebbe andare alla fonte primaria: i figli, le nuove generazioni.

Se un bimbo viene cresciuto con gli stessi ideali che andavano per la maggiore negli anni ’50, posso smettere di parlare.

Sono i genitori che devono intervenire subito, anzi ieri. Loro plasmano come argilla i futuri uomini, le future donne o un genere non definito ed è tutto nelle loro mani.

Fate capire a questi bimbi che non ci sono giochi da maschio o giochi da femmina, che bisogna essere gentili e imparare ad usare il dialogo, non la violenza, che la tua fidanzatina non è tua, lei può decidere che tu non gli piaci.

Insegnamo educazione sessuale nelle scuole e chiamiamo le parti anatomiche col proprio nome, senza imbarazzo, perché i mostri li creiamo noi, con i tabù, non fornendo gli strumenti necessari, lasciando che i figli scoprano su you porn come funziona il sesso, l’atto fisico, ma prima di arrivare lì, c’è l’amore, le farfalle nello stomaco, l’agitazione del primo appuntamento e che un medico donna si chiama dottoressa e non dottore.

Purtroppo, anche così, mi rendo conto che se poi a casa il papà è quello che porta i pantaloni ed è padre padrone, abbiamo vanificato ogni aiuto dall’esterno.

È giusto provarci, soprattutto crederci.

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