Ho sempre amato la parola “home”: il suono e il significato, perché è diversa da house.
Tutti, bene o male viviamo in una casa: bella, fatiscente, con pochi mobili, da tinteggiare, in affitto o mutuo, con dei vicini o sperduta fra le montagne, ma a volte non è propriamente “home”.
Le motivazioni per cui un rifugio, un posto sicuro dove deporre le armi sullo svuota tasche e camminare a piedi nudi, diventa house anziché home possono essere infiniti: coinquilini insopportabili, la paura della solitudine, genitori rompipalle, insonnia da rumore, vicini discutibili.
Da quando ho lasciato la casa dove sono nata e cresciuta come scatto di crescita personale, qualsiasi scatola con tetto e mattoni è sempre stata “home”, e non potrebbe essere altrimenti.
Sento l’esigenza di poter rimanere in un posto solo se mi sento a mio agio e libera: alcune volte ci sono situazioni a cui non ci si può proprio sottrarre, quindi stringo i denti e non appena arrivata a casa mi rilasso…sono salva!
Ho uno stile non minimal, quindi per ogni trasloco fatto, la quantità di cose riportate era sempre in aumento, ma per me erano ricordi insostituibili e mi sembrava giusto che abitassero con me.
Non sono un’accumulatrice seriale, e cerco sempre di riciclare prima, e buttare poi, ma sono sempre oggetti con una storia, un passato, un ricordo di chi me lo ha regalato, dove, quando e perché. Hanno un’anima, perché è un frammento di mia vita condivisa con qualcuno di importante, che magari non c’è più o è lontano, e mi vuole bene.
Non parlo solamente di fotografie, libri o lettere, ma di piume, foglie secche, biglietti di treno o di concerti, scatole, foulard, quadri, penne, bottiglie di vino vuote, flyer di manifestazioni, perline di collane rotte in mezzo alla strada, sfere di cristallo, candele.
Lontano dagli occhi, ma mai dal cuore.
Ogni home che ho avuto da sola o condividendola è stato il porto sicuro per tutti i miei cari, non solo per me: nessuno ha mai avuto soggezione o imbarazzo acclimatandosi subito e usandola quando la vita non dava tregua, molte volte anche quando io non c’ero.
Chi ti conosce non ha bisogno di ordine maniacale e la cena pronta, ma solo di un bicchiere con qualcosa di forte e del silenzio interrotto solo dalle vostre risate o dai suoi singhiozzi o dai tuoi: toglie giacca, scarpe, armi e si lascia andare ad occhi chiusi sapendo che tu sei pronta a prenderl* senza lasciarl* cadere…
L’ha ripubblicato su Maria Cristina Buoso.
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Leggendo questo articolo, ho rivissuto molte cose che chissà quante altre volte dovrò ancóra rivivere.
A volte, anche la peggior catapecchia diventa casa, e non certamente nel senso di “House”. 🙂
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Se è libertà personale…decisamente home!🎩
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Per ora, per me la mia home è la casa in cui sono nata; non lo avrei mai immaginato prima, ma oggi è così.
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La vita è imprevedibile, ma meravigliosa!🖤
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Beh, direi che non è poco avere un posto dove stare tranquilla e protetta: bella o brutta che sia, home sweet home! ❤
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Concordo pienamente con Silvia. 😊
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Grazie di avermi letto!🖤
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Vero concordo su tutto!
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Mi piace…🖤
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😊🧨
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Hai ragione, il vero senso della casa è quello di essere un rifugio 🙂
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Si, l’unico spazio protetto!🖤
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