Cabina telefonica…state of mind

Chiedete a un giovane nato dopo il 2000 se sa cos’è una cabina telefonica, e ti guarderà come se avessi detto una parolaccia.

Io sono del ’76, e per me non c’è ricordo più bello. Ho ripensato a questa anticaglia trovando nel cassetto un gettone telefonico: inserito nella memoria si è aperto un mondo sepolto dalla polvere.

Quando dovevi fare telefonate che a casa non ti erano permesse o volevi avere privacy andavi nella cabina con la tua scorta di monete e gettoni, chiudevi le porte, alzavi la cornetta e digitavi il numero di un altro telefono fisso inserendo tutte le monete. Alcune volte si trovava anche l’elenco telefonico di città e provincia con le pagine gialle.

In seguito le monete, i gettoni sono stati soppiantati da schede telefoniche, ma la prassi era la stessa.

Ma non veniva usata solamente per telefonare, alcune volte era un rifugio per la pioggia, un orinatoio (specialmente quelle vicino alla stazione dei treni), una casetta per i senza tetto, un posto dove i tossici si facevano.

Si, nelle grandi città era tutto questo, era folklore. Scritte di ogni genere campeggiavano sui vetri: dalle tag dei writer, ai messaggi di vendita delle proprie parti anatomiche, alle proposte indecenti o insulti fantasiosi con tanto di numero telefonico.

Una sorta di bacheca strampalata e surreale.

Da due anni a questa parte disinfettiamo qualsiasi cosa tocchiamo e sarebbe inimmaginabile usarle, anche se esistono ancora, con un numero ridotto, ma resistono.

Con l’avvento dei primi telefonini e il mancato vademecum all’uso, vengono abbandonate le scatole rettangolari, il buon gusto di una conversazione privata e la divulgazione dei tuoi affari in pubblica piazza, via, autobus o negozio.

Si, perché il volume delle voci è sempre più alto, con noncuranza per chi vi siede affianco o vi passa vicino, come se foste sordi.

A me non interessa se il vostro gatto ha fatto la cacca sul tappeto o chicchessia vi ha tradito, e quindi è stronzo e gliela farete pagare…

Quanto mi mancano le scatole di contenimento emozioni…

25 pensieri su “Cabina telefonica…state of mind

  1. Bellissimo questo tuffo nel passato e il potersi rifugiare nelle care cabine telefoniche anche solo attraverso questo tuo post. Purtroppo spesso l’evoluzione e il progresso sono solo dei passi indietro su altri aspetti. Tipo quello della privacy. Il cellulare ci ha dato, ma ci ha anche tolto tanto. Ritornando alle cabine, è raro trovare ora telefoni pubblici nelle città, nei paesi piccoli sono totalmente scomparsi. Ma quando ne vedo qualcuno è sempre bello ritornare agli anni in cui anche sotto la pioggia, si faceva la fila per avere quella conversazione. Grazie per avermi fatta ritornare indietro a quegli anni.

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  2. Che bello seguire i link dai blog che conosci e trovarne altri… è la Rete, ed è una goduria (nel caso specifico vengo dalla Casa di Liza). L’argomento delle cabine telefoniche mi intriga… Essendo un “quasi anziano”, classe 1969, ne ho “battute” talmente tante che ancora oggi mi sembra strano che non ci siano più.
    Un ricordo particolare, legato anche ad una mia “ex-abitudine”, mi riporta non tanto a quelle stradali ma a quelle che si trovavano spesso all’ interno dei bar o degli “empori” di paese…Per capirci quelle “stanzette” quasi blindate a chiusura ermetica, foderate da pannelli grigi bucherellati che contenevano un telefono grigio montato a parete, simile a quelli che avevamo a casa (solo messo in verticale), una mensolina per prendere appunti e l’ accoppiata elenco + pagine gialle attaccata vicino alla mensola. Il telefono in questione non aveva fessure per i gettoni, di solito vicino alla cassa del locale era montato il “contascatti” che veniva azzerato quando entravi e letto quando uscivi. Alla fine, si moltiplicava il costo dello “scatto” per il numero che appariva nella finestrella e ti facevano il conto. Il ricordo è quello dell’ odore che c’era dentro: dato che all’ epoca la demonizzazione del fumo ancora non aveva preso piede, di solito chi telefonava, fumava. Quasi sempre c’era sulla mensolina un posacenere, o se non c’era chi entrava si premurava di prenderne uno da un tavolino del bar. Fatto sta che quelle particolari cabine erano impregnate di fumo. Bastava una telefonata di media durata, e uscivi che sembravi reduce da una serata di poker di quelle toste. Nello specifico, i pannelli bucherellati di rivestimento erano quasi sempre ingialliti e quasi appiccicosi, per il catrame e la nicotina che avevano assorbito. Una di quelle cose che non torneranno mai più.
    E non so se sia un bene.

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    • Grazie di essere passato a trovarmi! Sto trovando un sacco di persone splendide e affini alle mie passioni. Ah, se ti piace il vintage, io scrivo spesso di robe così. Il vecchio che soppianta il nuovo…e lo surclassa alla grande! 🤘😉🎩

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  3. Quanti ricordi legati alle cabine telefoniche.
    Per esempio le telefonate alle prime “morose”, se non si voleva essere ascoltati in casa dai genitori.
    E poi l’uso dei gettoni, poi delle monete, poi delle schede telefoniche…
    E nessuna fobia per i microbi, nonostante le cabine ne fossero un ricettacolo.

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  4. Io che non amo parlare al cel proprio perché mi infastidisce rendere partecipi tutti degli affari miei, forse, mi sarebbe stata utile. E neppure amo ascoltare gli affari degli altri, proprio per il tono di voce rigorosamente alto.
    In qualche modo le ho vissute anch’io le cabine ma non ero abbastanza adulta da goderne.

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