Covid & tutti i mali del mondo

Inizio a stancarmi di questa tiritera.

Il covid è diventato un alibi veramente troppo comodo per giustificare le peggio porcate fatte un po’ da tutti.

Non voglio entrare nel merito della malattia, di chi ci ha creduto, vaccinato si o vaccinato no, ma di ciò che è successo dopo, con il ritorno ad una normalità quasi simile a prima.

Tengo a precisare che ognuno lo ha vissuto alla sua maniera, con i suoi mezzi, sensazioni e stress, ma secondo me…col covid non sei diventato stronzo…lo eri già prima della clausura.

Un sacco di atti violenti contro altre persone sono stati attribuiti al covid e la maleducazione in giro è un’altra attribuzione alla pandemia: tipo stress post

post-traumatico.

Non lo accetto.

Che i contatti umani siano quasi pari a zero non è dovuto a questo, che la gente sia intollerante idem, quindi smettiamola di dare colpe a cose astratte e ridimensioniamo le parole e i gesti.

Ci sono state persone che hanno sofferto la solitudine, sono state investite dalla depressione, i giovani in special modo, ma tutto questo dolore non autorizza la cattiveria, l’odio, l’essere irrispettosi verso gli altri.

I reparti psichiatrici pieni è la riprova che alcune persone si stanno facendo aiutare, è la prova che c’è chi capisce che nulla sarà più come prima per tutte le cicatrici che ha lasciato il covid sulla nostra vita. Tutto questo mi fa ben sperare.

Ma gli altri? Quelli che ti sbocciano la macchina e vanno via senza problemi, o ti scippano in pieno giorno in centro città e nessuno muove un dito, nemmeno un urlo, una suonata di clacson, oppure chi ti passa davanti in posta, chi non cede il posto agli anziani, chi fa del male perché si annoia, e magari litiga in coda al supermercato.

Che diritto abbiamo di rompere i coglioni? Quale diritto?

La vita è tua e ci puoi farci ciò che vuoi, e sei una merda non è stato il covid a trasformarti, altrimenti per futili motivi tutti potrebbero imbracciare il fucile e fare una mattanza.

Io le persone non le sopporto tanto, e faccio la cameriera, ma cerco sempre di avere cura e rispetto degli altri, gentilezza ed educazione: il minimo sindacale!

Prendiamoci la responsabilità di quello che siamo, e se proprio non riusciamo a diventare un pochino più tolleranti, tacciamo, portiamo avanti rapporti minimi, ma non addossiamo ad una malattia il fatto di essere fetenti.

L’insoddisfazione eterna e perpetua

Non essere mai soddisfatti, pretendere e volere sempre di più sembra l’unica priorità di questo periodo.

Parlo di cose da comperare in abbondanza, per avere un cambio d’abito quotidiano, per avere tanti oggetti da spolverare, l’ultimo modello di smartphone, una vacanza pagata con un bel finanziamento, perché altrimenti non hai nulla da pubblicare sui social e i colleghi pensano che sei un poveraccio.

Apparenza invece che essenza.

Dopo aver lavorato quasi vent’anni nei negozi di abbigliamento, scarpe, avendo avuto un negozio che poi ho venduto sono andata a lavorare in fabbrica, perché il contatto col pubblico mi ha scavato da dentro.

Serve tutto quello che abbiamo? Accumuliamo montagne di cose inutili per la smania di possedere, invece di coltivare ciò che possediamo dal primo respiro: noi stessi.

La bilancia della felicità si sposta solo con cose materiali o, con il mio amico internet, a colpi di like o followers.

Magica globalizzazione!

Nel mio armadio ho dei capi che hanno decenni, sul comodino del piccolo seme che cresco, c’è una lampada di Snoopy che mi è stata regalata quando avevo 6 anni (ne ho 46 adesso).

Amici vecchi, nuovi, libri di seconda mano, libri nuovi, ma il resto è tutto relativo.

Certo, l’economia deve girare con i nostri acquisti, ma negli ultimi decenni anche i commercianti non fanno più scorte in magazzino, perché il boom economico è finito da un pezzo e le giacenze in magazzino sono solo un peso.

Quindi, ti fa stare bene accumulare cose comperate a rate, o lo fai solo per elevare il tuo status sociale da piccolo borghese a medio borghese?

I veri ricchi investono, i falsi benestanti acquistano indebitandosi.

Se avessi la macchina del tempo…

Mi ha fatto pensare molto un post che ha pubblicato Librini, che parlava di un saluto romano di gruppo immortalato in una foto.

Fin qui, nulla di particolarmente strano: ne ho viste a bizzeffe nei libri di storia, nei documentari dell’istituto Luce, e nelle immagini di repertorio di quel periodo buio di civiltà rasa al suolo dal razzismo, dai pregiudizi, e dalla pazzia.

Il problema è che questa fotografia è stata fatta pochi giorni fa, e come se non bastasse immortalando al centro una carica pubblica dello stato.

Ogni volta che sento o vedo rimasugli di epoche terribili come la seconda guerra mondiale, la dittatura fascista, i campi di concentramento, il nazismo, e questi individui rispolverano i vecchi gesti in contesti pubblici o non prendono alcun tipo di distanze da questi atti, nel mio cervello scatta il desiderio di avere una macchina del tempo, per pigiarceli dentro e far partire il conto alla rovescia trasportandoli proprio lì, nel mezzo dei “gloriosi” anni del fascio o del terzo reich.

Vorrei proprio che provassero a sopravvivere con il regime, con il coprifuoco, senza cibo e comodità, imbottiti di regole, annullata la libertà.

Sento frasi del tipo: “Quando c’era lui…”, oppure: “Si stava bene, ha fatto tante buone cose…”, “Un grande statista!”, “L’olocausto non esiste”.

Mi viene freddo solo a pensarci.

Il gruppetto scaricato dalla macchina del tempo lo lascerei lì, con il braccio alzato a godere dei privilegi dell’epoca fascista, soprattutto per le donne relegate alla mansione di fattrici, di donne oggetto totalmente mute e rinchiuse nelle case a fare l’angelo del focolare.

I racconti che mio nonno e mia nonna mi facevano, erano sempre pochi e difficili da raccontare: quando le bombe ti passavano sopra la testa, quando l’oro doveva essere consegnato per “il bene comune” e si mangiava polenta con polenta.

A tutti ‘sti giovani che disegnano svastiche, che vanno a Predappio a salutare le spoglie di questo eroe invece, riserverei la gioia di essere deportato in un campo di sterminio.

Con la storia passata si deve necessariamente fare i conti e soprattutto fare in modo che non succeda più. Altro che smartphone e tatuaggi sulla faccia: una bella divisa con una stella del colore a seconda della stranezza personale.

Cari i miei nostalgici e simpatizzanti di una dittatura…fate attenzione sempre a ciò che desiderate!

Esprimo un desiderio


Caparezza – Cacca nello spazio

Ci sono desideri realizzabili…magari potesse succedere realmente!

Questo pezzo ha un certo sapore demenziale, una musichetta orecchiabile, ma sono sempre le parole a giocare il ruolo determinante.

Sarebbe bello liberarci di persone orrende e devastanti per tutto ciò che stanno distruggendo: politici, ricconi, dittatori e brutte persone…

Chissà se rimarrà solo un desiderio inespresso.

Vi lascio il testo, come sempre, per capire quanto ci sia di polemico, di protesta e di ribellione.

Hanno inaugurato lo spazioporto
La folla col fiato corto s’incolla
All’asfalto come un gatto morto
Guarda fisso lo shuttle
Lucido di smalto bianco
Col naso puntato in alto accanto
Alla rampa di lancio
Arriva il sindaco nel cielo
Indaco del crepuscolo rosso di lambrusco
Parla e non si becca un fischio
Tutti applaudono quando notano che
È pronto il varo con una
Bottiglia gran cuvée Laurent Perrier

Tutta la ciurma vestita di gala si incanala
Sfila per la strada che pare
La prima della Scala
Lo spazio non è il suo ramo ma
Vi si aggrappa come un koala
Tipi snob che avrei affogato
Come cioccolato nel marsala
Autorità di Lions e Rotary
Prendono posto nel Discovery
Ma è pagato dallo Stato quel pieno
Questo è osceno, non Madame Bovary
Sulla Terra è guerra tra poveri
Non c’è posto se ti ricoveri
Tre, due, uno, contatto
Parte lo shuttle con tanto d’autografi
Three, two, one contact!

Con uno shuttle stiamo mandando
Cacca nello spazio
Meglio così, staremo più larghi
Cacca nello spazio
Extraterrestri è in arrivo cacca nello spazio
Voi siete artisti, fate i cerchi nel grano
Noi cacca nello spazio cacca nello spazio

C’è un uomo di mezza età con la sua metà
Che ne ha meno della sua metà
Un amore acerbo
Colto certo nella disco a Porto Cervo
Il prelato ha pronto il verbo
Del creato è molto esperto
Dall’abitacolo caccia il diavolo ma
Ne maneggia lo sterco
Il giovane cantante rap è già nella fase REM
Sogna lo star system
Video space per la top ten
Il business man punta su Giove
Per le fabbriche nuove
Vuole fare il pieno di lavoro alieno
Da pagare meno che altrove
Il generale non ha più il fisico
È bianco e tisico
Avrebbe goduto più col Futurisiko
Uomini di stampo politico poggiano
I loro culi regi sulle poltrone con i fregi
Soliti i loro privilegi
Da lassù la terra pare una
Boccia del peso di un’oncia
Ricoperta d’acqua
Ma dalla doccia non cade una goccia
C’è chi si piglia tutto lo spazio
E chi lo piglia in saccoccia
In piedi come pendolari sui treni Bari-Foggia
Però sono contento perché

Con uno shuttle stiamo mandando
Cacca nello spazio
Meglio così, staremo più larghi
Cacca nello spazio
Extraterrestri è in arrivo cacca nello spazio
Voi siete artisti, fate i cerchi nel grano
Noi cacca nello spazio cacca nello spazio
Con uno shuttle stiamo mandando
Cacca nello spazio
Non intasiamo le fognature
Cacca nello spazio
Extraterrestri, cacchi vostri
Cacchi nello spazio
Altro che incontri ravvicinati
Cacca nello spazio

Ciao Caparezza, sono Ilaria non ci crederai
Ma ti sto chiamando
Dallo spazio! Ho saputo che
Lavori al circo niente
Volevo sapere come va ciao

Mi familia è famiglia

Grazie a Michela Murgia che sta presentando la sua famiglia queer non con pochissimi fraintendimenti, mi è venuto in mente un post che avevo scritto tempo fa sul significato di famiglia che ognuno dà alla sua.

La famiglia è vita vissuta insieme, tempo di qualità, amore incondizionato. Non mi capacito che nel 2023 si debba ossessivamente pensare al concetto di famiglia legato al sesso o al genere. Apriamo un pochino la mente e facciamoci entrare aria fresca, una ventata di nuovo e di normalità che esula da ciò che la religione o lo stato ci ha insegnato e imposto.

Si può deragliare dai binari…si può pensare in grande unendo amore e anime sotto lo stesso tetto senza dover per forza etichettarne ogni componente.

Mi Familia

Potere alla parola

Le parole, per me, sono una parte essenziale della vita: le pondero, le storpio, le invento, ci gioco ma le ascolto bene, soprattutto quando creano unite, pensieri che ti fanno trovare altri pensieri.

Spiegato il perché ascolto solo un certo tipo di rap italiano e non tutto.

Un pezzo lo riascolto fino alla nausea, perché ci sono sfumature da carpire, la metrica che ti fa impazzire da quanto è perfetta, e il tuo mondo, le tue esperienze si sentono meno sole.

“Ecco quello che volevo dire, quello che pensavo, ciò che non riuscivo a tirare fuori”.

Come sempre lascio il testo, perché il rap non piace a tutti, ma le poesie sono più assimilabili.

Poesia…come questa!

Tratto dalla colonna sonora del film “la partita” di Francesco Carnesecchi e traccia n.4 dell’album Adversus

Ho preso qualche treno, qualche nave
Qualche sogno qualche tempo fa
Seguendo un’intuizione e poi sono tornato qua
Coi miei bagagli a mano su
Per tutte queste scale
Scalciando contro il cielo
Scavando sul fondale
Senza pensare a ciò che ho perso nel tragitto
Tenendo stretto il meglio di me stesso
Che non ho mai scritto
Ringhiando al buio contro una parete
Grattando via la quiete saltando giù
Nel vuoto senza rete a picco nell’imbuto
Dritto nel conflitto perché so che si
Rialza solo chi è caduto
Noodles e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto
Neanche uno sputo di ciò che non ho
Detto di quando non ho fatto
Cercando nel silenzio il mio riscatto
Chiedendo più tempo al tempo o un senso
O qualcosa che fosse vero e non
Andasse perso in mezzo a questo
Panico dove nessuno ascolta
E ognuno ha la sua recita e
Ognuno pensa alla sua svolta
Nessuno che si volta mai ad
Aspettarti e da ‘ste parti
Se ho lasciato, è stato solo per salvarci
E non tradirci e ritrovarci liberi e
Lontani da lucchetti e catenacci
Forti anche contro la corrente eh sì
Pronti a giocarci tutto sennò
La vita è niente

Noodles e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto
Neanche un minuto e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto, eh sì
Noodles e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto
Neanche un minuto! E chi si ferma è perduto
Ma so che si rialza solamente chi è caduto

Ho fatto er core pietra e
Ho riempito la faretra
Perché il tempo non aspetta e non arretra
Nessuna pietas
Non vengo per nessun bottino in
Questa terra di banditi
I giorni hanno ammazzato pure i più astuti
Noodles battiti del cuore sfido la pressione
Vivendo in fretta questo tempo
E cancellando il nome
Perchè la sfida con la vita
È in mezzo alle persone
E conta quello che hai lasciato, capito come?
Vivendo e consumandomi ho perduto
Le mie tracce
Gli estranei indifferenti nelle loro facce
Col freddo della vita che toglie il respiro
Ho costruito bunker pe’ arrivà al mattino
Vivo certe volte sulle punte
Pe’ vede’ lontano
Altre volte piedi a terra per quello che amo
E se tutto fosse invano?
Gelo come Jack dentro il labirinto
Con un’ascia in mano!

Noodles e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto
Neanche un minuto e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto, eh sì
Noodles e chi si ferma è perduto
Non torna indietro neanche un minuto
Neanche un minuto! E chi si ferma è perduto
Ma so che si rialza solamente chi è caduto

I’m a Loser baby, so why don’t you kill me?

Parafrasando un pezzo famosissimo di Beck (che amo alla follia) vorrei puntare un bel riflettore sull’orgoglio di essere una perdente, perché alla fine, sono tutti vincenti e a me non piace assomigliare agli altri.

Dietro ogni angolo si nasconde chi ti punta il dito come il classico manifesto di reclutamento alla guerra britannico e ti vuole insegnare come vivere meglio, elevare il tuo status sociale, il tuo aspetto fisico e la tua anima.

Non è contemplato vivere senza essere competitivo, affossare gli altri per primeggiare è cosa buona e giusta, perché se non sei produttivo quanto gli altri…a cosa servi?

Anche qui su wp, c’è sempre qualcuno che vuole insegnarti a vivere, si improvvisano maestri di tuttologia, vogliono parlare di uguaglianza e con modestia non pervenuta salgono in cattedra e scrivono pipponi su ciò che sanno sbattendoti in faccia la loro cultura o conoscenza di qualsiasi argomento gonfiando la coda come i pavoni.

Non vi è mai passato per l’anticamera del cervello che forse, a me non interessa?

Sono stata coinvolta indirettamente (non qui) in un discorso fatto ad una persona, che sosteneva non essere colpa sua se lei fosse laureata e l’altro interlocutore fosse un semplice lavoratore da negozio.

Ora… nella mia esperienza di vita vissuta ho conosciuto svariati lavoratori, laureati, quadri dirigenti, titolari di aziende, chef, cameriere di topless bar, cubiste, pusher, mendicanti, avvocati, notai, cosidetti VIP, ma mai nessuno si è permesso di “mostrare i muscoli” tirando fuori il famoso pezzo di carta o il conto in banca.

Come diceva sempre quel saggio di mio nonno, che aveva fatto solamente la seconda elementare: “ricco o povero si finisce tutti nello stesso buco”.

Si può tornare a confrontarsi senza necessariamente far sentire gli altri delle merde, perché hai uno status sociale migliore o semplicemente perché hai avuto la possibilità di studiare?

Un pochino di umiltà non guasterebbe, e meno perfezione renderebbe tutti più umani e meno frutti maturi della pianta dei numeri 1.

Vincere è bello, ma imparare dagli errori lo è altrettanto.

Ho sbagliato tanto, sono caduta in burroni così profondi che per risalire aggrappandomi con le unghie, le dita sanguinavano, ma la mia più grande fortuna è sempre stata, che quando stavo per cedere e sprofondare ancora giù nell’oblio, una mano amica ha afferrato la mia è mi ha aiutato a risalire.

Cosa volete dimostrare affossando gli altri con la vostra saccenza? Di essere migliori?

Va bene. Lo avete dimostrato, ma è troppo facile accanirsi su chi è già moribondo.

Pensate a ciò che dite…sempre!

Contate fino a 10 e poi ricontate.

Potreste risultare più simpatici e meno “sto cazzo!”.